Mio figlio rifiuta di assaggiare qualsiasi cibo nuovo: ecco la strategia per superare subito la neofobia

La neofobia alimentare rappresenta una vera sfida per molti genitori: il rifiuto sistematico da parte del bambino di assaggiare cibi nuovi può rendere stressanti i pasti e limitare la varietà dell’alimentazione, compromettendo la qualità nutrizionale. Questo fenomeno è tipico dell’infanzia e affonda le radici nell’istinto di protezione nei confronti dell’ignoto: i bambini, di fronte a un alimento mai provato, possono percepire diffidenza o persino paura. Tuttavia, attraverso un approccio graduale e rispettoso, è possibile aiutare il bambino a superare tale barriera, favorendo l’accettazione di una maggiore varietà a tavola.

Cos’è la neofobia alimentare e quando si manifesta

La neofobia alimentare si manifesta tipicamente tra i 2 e i 6 anni, periodo in cui il piccolo sviluppa una chiara preferenza verso ciò che riconosce e conosce, mostrando al contempo diffidenza per tutto ciò che è nuovo, dal colore fino alla consistenza. Si tratta di una tappa quasi fisiologica dello sviluppo, ma in alcuni bambini può diventare un comportamento ostinato e ripetitivo, generando ansia anche nei genitori.

L’importanza di riconoscere questo fenomeno risiede nel fatto che, se trascurato, può determinare una dieta monotona, povera di nutrienti fondamentali come vitamine e fibre. Al contrario, un intervento mirato e tempestivo può aiutare il bambino a sviluppare una relazione positiva con il cibo, ponendo le basi per abitudini sane che si protrarranno anche nell’età adulta.

Strategie concrete per superare la paura del nuovo a tavola

Affrontare la neofobia alimentare in modo efficace richiede pazienza e una serie di strategie strutturate, che lavorino sia sull’aspetto pratico che su quello emotivo del bambino. Ecco alcune delle più consolidate:

  • Introduzione graduale: proposte troppo brusche o pressanti rischiano di rafforzare la resistenza. Presentare il nuovo cibo in piccolissime quantità, magari accostandolo ai cibi preferiti, può ridurre la diffidenza e facilitare l’accettazione. Si parla di “esposizione ripetuta e non forzata”: offrire più volte — anche una decina o più — lo stesso alimento, variando forma o modalità di preparazione, promuove abitudine e curiosità nuove neofobia.
  • Coinvolgimento diretto: i bambini che partecipano alla spesa o alla preparazione dei pasti sviluppano un rapporto più aperto e positivo con il cibo. L’interazione diretta abbatte molte barriere psicologiche, trasforma il pasto in un momento di scoperta e rende il piccolo più incline alla sperimentazione.
  • Modello familiare e clima positivo: i genitori funzionano da esempio. Se l’adulto mostra entusiasmo e curiosità nell’assaggiare nuovi cibi, il bambino tenderà a imitarlo. Creare un ambiente sereno e non giudicante, senza pressioni né ricatti, promuove una relazione sana con l’alimentazione.
  • Varietà visiva e di preparazione: la presentazione è fondamentale. Cibi colorati, disposti in modo fantasioso o tagliati in forme simpatiche, attirano lo sguardo e incuriosiscono i bambini, superando il primo muro della diffidenza sensoriale.

L’imposizione è invece quasi sempre controproducente, in quanto rafforza la resistenza psicologica generando un clima negativo durante i pasti. Meglio accompagnare il bambino alla scoperta senza mai obbligare.

L’importanza del dialogo e dell’ascolto attivo

Un aspetto spesso sottovalutato è il dialogo con il proprio figlio. Parlare di emozioni, paure e curiosità legate al nuovo cibo permette di comprendere meglio le sue resistenze e trovare strategie personalizzate. L’ascolto attivo rafforza il legame di fiducia e rende il pasto un momento di condivisione, più che di conflitto.

A volte il rifiuto cela ansie legate a esperienze passate o semplicemente alla paura di perdere il controllo. Rassicurare il bambino, spiegare in modo semplice perché certi alimenti sono importanti, coinvolgerlo nelle scelte, favorisce una progressiva accettazione persino dei sapori più originali, come quelli amari o acidi degli agrumi o delle brassicacee (cavolfiori, broccoli, rucola).

Prevenzione e mantenimento: come favorire un atteggiamento curioso verso il cibo

La migliore strategia resta la prevenzione: nei primi anni, soprattutto nel periodo dai 6 mesi ai 2 anni, i bambini sono naturalmente più disposti ad assaggiare. È questo il momento giusto per ampliare la varietà di sapori, offrendo anche quelli meno “facili”, come i cibi con note amare o acidule, senza limitarsi alle proposte dolci. L’esposizione precoce permette al palato di adattarsi, rendendo normale la presenza di gusti e consistenze differenti.

Man mano che il bambino cresce, mantenere la costanza nella proposta e nella varietà — senza mai forzare — è il segreto per disinnescare la neofobia. È altrettanto importante non lasciarsi scoraggiare da ripetuti rifiuti: per alcuni bambini possono servire anche 20 o più esposizioni prima che un nuovo cibo venga finalmente accettato e, magari, apprezzato.

L’intero nucleo familiare deve essere coinvolto: un’alimentazione condivisa, ricca di frutta, verdura e legumi, favorisce non solo una dieta sana, ma anche un approccio sociale positivo, riducendo la carica emotiva negativa spesso associata al momento del pasto.

In alcuni casi, soprattutto se la neofobia è molto marcata e interferisce seriamente con la crescita (failure to thrive) o con la vita sociale, può essere utile il supporto di specialisti, come pediatri o nutrizionisti infantili, che siano in grado di valutare la situazione e proporre percorsi di desensibilizzazione o tecniche psicologiche su misura.

È fondamentale ricordare che la curiosità alimentare si coltiva giorno dopo giorno, con un atteggiamento paziente e rispettoso: solo così si getteranno solide basi per una relazione sana con il cibo che potrà accompagnare il bambino per tutta la vita.

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